PESCARA – “L’acqua non riguarda il mio lavoro“: la surreale dichiarazione rilasciata dal Commissario Governativo Marco Corsini a Roberta Mancinelli per il Tgr come scusa per non essersi presentato per l’audizione in Consiglio Regionale sul tema del Gran Sasso rischia di rimanere negli annali delle migliori assurdità tra le ormai tante sentite sull’annosa vicenda. Stiamo parlando di un Commissario che deve svolgere lavori per centinaia di milioni di euro in due tunnel dove anche solo verniciare le linee di mezzeria in una normalissima manutenzione ha portato alla contaminazione dell’acqua potabile.

D’altro lato cosa aspettarsi da un Commissario che ha presentato il progetto di manutenzione straordinaria delle volte dei tunnel sostenendo che non avrebbe in alcun modo interferito con l’acquifero, smentito a stretto giro – e documenti progettuali alla mano – dal Parco del Gran Sasso che gli ha bocciato diverse lavorazioni, drenaggi compresi, palesemente in contrasto con le norme che vietano nuove captazioni nell’area protetta?
Se il Commissario Corsini la butta sulla confusione, l’altro Commissario Caputi non è da meno ma punta sulle contraddizioni. Alla Camera pochi giorni fa ha detto di non avere alcun progetto definito per la messa in sicurezza dell’acqua e di essere aperto a qualsiasi proposta. Ci chiediamo se sia lo stesso Caputi che lo scorso 17 gennaio 2024, nella Cabina di Regia (!) davanti a una folta platea di amministratori, presidente della Regione compreso, aveva sostenuto a verbale di avere un Piano di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE) che rappresentava un punto di forza essendo, testualmente la “definizione di una proposta progettuale operativa che costituisce base di riferimento essenziale per lo sviluppo delle future attività commissariali”.
Aggiungeva che “Partendo da questo importante punto occorre procedere e definire la strategia futura per la realizzazione delle opere“. Tanto era convinto di tali affermazioni da programmare significative spese per realizzare le famigerate 21 perforazioni necessarie a suo avviso per elaborare un PFTE “rafforzato“.
Ora, ben venga la marcia “indietro tutta” con l’azzeramento di qualsiasi ipotesi progettuale (a sei anni dall’istituzione del Commissario…) ma a questo punto non si capisce perché non cancellare anche le costose perforazioni che sono comunque partite sul massiccio e che derivavano proprio dal PFTE. Che siano esterne o interne alle gallerie non cambia la sostanza perché si perfora il massiccio inutilmente visto che sono già disponibili i dati dei 132 sondaggi realizzati nei decenni passati.
Altro tema al centro dei recenti interventi del Commissario Caputi, l’obiettivo di rispettare nei progetti prossimi venturi la fascia di rispetto assoluta di 10 metri attorno ai punti di captazione da centri di pericolo. Un formalismo che rischia di trasformarsi nel classico dito dietro cui cercare di nascondersi. Lo stesso Caputi già nel 2014 in una riunione metteva a verbale quello che tutti sanno ma che in molti fingono di non sapere: l’acquifero è unico, interconnesso, esposto ai rischi nel suo complesso e porsi a 10, 20, 100 metri non risolve la sostanza, cioè il rischio che venga contaminato a causa di un incidente.
Caputi, infatti, da dirigente regionale, rispose al rappresentante dei laboratori di fisica, che faceva presente che i lavori di impermeabilizzazione non avrebbero eliminato il problema della distanza minima da rispettare in base alle norme dai punti di prelievo dell’acqua potabile, evidenziando “che tutto il Laboratorio è ubicato all’interno dell’acquifero e quindi non assume rilevanza la distanza dal punto di prelievo”. Certo, in quell’occasione la frase serviva ad altro ma ammetteva la sostanza del problema. Qualsiasi progettazione, dunque, deve avere come presupposto l’estrema vulnerabilità dell’intero acquifero.
Il Forum H2O da subito si era opposto al commissariamento per l’acqua. Oggi ne abbiamo addirittura due per la stessa infrastruttura: un vero e proprio costoso bizantinismo! Sono passati sei anni e si brancola letteralmente nel buio, tranne per il bilancio della struttura commissariale. Auspichiamo che il Parlamento e il Consiglio regionale prendano atto del fallimento della strategia commissariale facendo assumere le proprie responsabilità alle strutture statali e regionali deputate, attraverso forme di coordinamento costante che assicurino una progettazione fondata sul continuo scambio di esperienze e conoscenze. Faremmo senz’altro prima – e meglio – dei due commissari.