TERAMO – I libri rendono immortali chi li ha scritti, ma diventano la vita stessa di chi li ha amati.
«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti»
Sposto dei cartoni per tirar fuori dalla pila una cassa più grande delle altre. La apro e tiro fuori un libro a caso. Lo sfoglio. Mi colpisce una pagina con delle righe sottolineate.
È l’ultimo libro di Pavese, pubblicato solo quattro anni dopo il suicidio.
È una edizione Einaudi del ‘54, la pregiata rilegatura a brossura a filo refe con bordo in tessuto è consumata, ingiallita dal tempo.
Tengo il volume tra le mani con rispetto e timore. Lo sfoglio e torno alle pagine segnate a matita.
Chissà perché Filippo ha segnato proprio quelle righe.
«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Ho poco tempo, dovrei andare a casa, ma non riesco a staccarmi da questo libro. Così inizio a leggere. Chiamo mia moglie e avviso che non tornerò a cena.
Mi sistemo meglio, mi siedo sopra una coperta per ammorbidire il pavimento, poggio la schiena contro la pila di cartoni ancora imballati e inizio a leggere.
Faccio attenzione a non piegare troppo le pagine, il filo refe tiene bene, ma queste pagine hanno pur sempre settanta anni.
Credo di aver letto “La luna e i falò” tanti anni fa, ma non lo ricordo, sono curioso di scoprire perché Filippo ha sottolineato proprio quelle righe. A cosa ha pensato? Quanti anni aveva quando lo ha letto e perché ha sottolineato proprio quelle parole.
Pavese fu trovato morto il 27 Agosto del 1950, solo pochi mesi prima aveva vinto il Premio Strega.
Filippo è nato in quell’anno, che strana coincidenza. Chissà perché tra le 108 casse di libri, ho aperto proprio questa e tra i quaranta libri che vi sono contenuti, ho aperto proprio “La luna e i falò”.
Anguilla, il protagonista del libro, decide di tornare nel suo paese nelle Langhe, dopo aver trascorso tanti anni in America.
Anche Filippo ha girato il mondo intero per tutta la vita, chissà se è proprio questa la ragione, chissà se è questo che lui ha trovato in quelle righe.
Ma, dopotutto, forse è la stessa cosa che è accaduta a me. Anche io sono tornato a Teramo dopo aver guardato da lontano la mia terra, dopo aver cercato in Paesi remoti il senso della vita. L’Alchimista di Paolo Coelho, deve girare tutti i posti del mondo per scoprire che il tesoro che cercava era proprio sotto l’ulivo da cui era iniziato il lungo viaggio.
Cosa cercava in America Anguilla? Cosa ha cercato Filippo in giro per il mondo? Cosa ho cercato io?
Finisco di leggere il libro che è quasi giorno. Ho la schiena indolenzita, faccio fatica ad alzarmi.
Mi affaccio sul balcone e guardo il teatro romano ancora avvolto dalla penombra dell’aurora. Fa freddo. Il libro nelle mie mani, sconosciuto solo poche ore prima, adesso è familiare, adesso ne conosco il senso.
Il mio cuore è colmo di gioia e le mie mani intrise del profumo della carta antica (SEGUE) – Enzo Delle Monache –