Se ci trovassimo nel 2030, cioè se avessimo una macchina del tempo che ci permettesse di visionare quale potrebbe essere lo scenario tra un decennio da oggi, sicuramente potrebbe succedere che in una classe di scuola media gli insegnanti dovrebbero raccontare qualcosa che accadde dieci anni prima: secondo voi come inquadrerebbero questo racconto? Che taglio darebbero agli accadimenti che ci stanno angustiando in questi mesi?
Parlerebbero, secondo voi, che superata l’epidemia del covid-19 le persone si dettero da fare per riprendere le occupazioni là dove le avevano sospese un certo 12 marzo, quando il governo dell’epoca dichiarò che tutta una nazione di sessanta milioni di donne ed uomini dovesse rimanere bloccata senza più uscire dalle proprie case fino a nuovo ordine?
Oppure quegli insegnanti avrebbero narrato che le persone, una volta che si furono riprese da quel blocco forzato, compresero che dovevano dare una svolta al loro modo di comportarsi così come era stato fino all’arrivo di quella epidemia che aveva arrecato tanti lutti?
Perché questo rappresenta un passaggio cruciale a cui non si sta dando l’attenzione dovuta.
Abbiamo inaugurato un nuovo mese, quello di Aprile, con alle spalle errori di valutazione sulla scadenza di una sospensione di attività a qualsiasi livello. Agli alunni ed agli insegnanti era stato detto che la scuola avrebbe ricominciato il suo svolgimento alla data del 3 aprile e la previsione si è dimostrata sbagliata. Oggi indicarne una nuova non è solo azzardato: è irrazionale perché mancano indicatori certi sulla fase di rallentamento del contagio.
Vorrei allora invitare i miei affezionati interlocutori della “Cantina delle idee” a fare questo ragionamento: se potevamo
“cavarcela” con la descrizione di questo drammatico momento illustrandolo e consegnandolo ai libri di storia, come la dimostrazione che la presente fosse da indicare come “epoca dei cambiamenti”, avremmo commesso un errore di valutazione.
Cosa vuol dire? Che in questo periodo ci sarebbero stati dei cambiamenti casomai più marcati rispetto ai tempi precedenti, ma nel rispetto di una impostazione antropologica, culturale, economica, educativa, sociale, finanziaria non eccessivamente diversificata dalla linea precedente.
La sensazione è che il cambiamento sia più radicale e che somigli ad una trasformazione epocale, che io definirei “cambiamento d’epoca”.
Tutti rammentiamo, per averlo appreso dai libri di storia che, dopo una lunga stagione in cui gli abitanti del Vecchio Continente avevano abitato in piccoli villaggi ed avevano tratto un loro sostentamento prevalentemente dall’agricoltura in quell’era che abbiamo poi denominato “Medio Evo”, ne arrivò un’altra che si caratterizzò per un impulso che dette vita al commercio, all’artigianato ed alla mobilità attraverso cui i navigatori di quel periodo furono presi dal desiderio di andare a scoprire terre sconosciute con imbarcazioni capaci di solcare gli oceani: era iniziato l’Evo Moderno che ebbe il suo apice nella scoperta delle Americhe.
Ecco: questo è ciò che va sotto il nome di “cambiamento d’epoca” nel senso che una fase storica termina ed una nuova fase si candida a sostituirla: saremo in grado di guidare una transizione del genere, che non sarà né breve, né indolore?
di Ernesto Albanello