Nell’ora più buia un fantasma è uscito dagli armadi del secolo che credevamo “breve”. Ha afferrato noi vivi e ci ha riportato al novecento. Ecco che riappare come un incubo l’ora più buia. Ecco, è la guerra. Sporca, cattiva, stupida, illogica. Cade la maschera della retorica dell’impero che nascondeva soltanto l’imperialismo. Sanzioni dure colpiscono però il popolo non i potenti. Sanzioni come armi, che diventeranno molto più dure, saranno costose per entrambe le parti come sempre nei conflitti dai costi incalcolabili. Con lo spettro della guerra da un lato c’è la povertà che incombe dall’altra. Che tragedia. Che follia. Le lunghe e tollerate provocazioni dell’occidente filo americano e una risposta così violenta ora lasciano margini stretti per una ricucitura di questa ferita nel cuore dell’Europa che dal 1945, ha cercato di uscire dalla logica di potenza e della guerra come strumento per dirimere le controversie. Donne in lacrime. Bambini al freddo. Anziani alla fame. Le trattative stentano. Si può solo sperare che qualche cuore sia, pur tardivamente, toccato dalla mobilitazione pacifica e dalle preghiere di tante persone di buona volontà.

La guerra aperta, atroce, premeditata eppure imprevedibile come quasi tutte le guerre, ma purtroppo assai peggiore di quelle che l’hanno preceduta, appare non riuscire a fermarsi. Tutto questo sulla pelle del popolo. E sarà tragedia. Perché se è vero che tutte le guerre sono fratricidio, questa tra russi e ucraini lo è persino più. È gemellicidio: l’assassinio del fratello considerato troppo uguale a sé per poter essere altro da sé. Un’arroganza annientatrice, a cui non ci si può umanamente rassegnare e che rende ancor più lancinante lo scandalo dei cristiani che  si fanno guerra tra loro con le armi del XXI secolo e la ferocia d’un passato che tutti speravamo sepolto. E così, nel cuore d’Europa le esplosioni, gli schianti, le grida di trionfo, le vecchie miserie e le nuove penurie dei poveri, l’odio senza censo, i lutti e i pianti minacciano di incendiare una Vandea slava. Dio ce la risparmi, perché gli uomini non hanno ancora imparato.
È questa la dura pagina che s’è cominciata a scrivere nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022. Ed è una pagina già intrisa di sangue, e che lo sarà di più.
Ci diremo, e ci lamenteremo, delle conseguenze economiche di questa guerra. Ragioneremo sul costo del gas, che a Est non si potrà comprare, e del blocco di questo e quello scambio tra noi e loro, i russi. Ci ecciteremo, magari, all’idea che ci sono servizi e agi di cui gli arroganti “oligarchi” non potranno godere per un bel pò dalle nostre parti… Ma la guerra non è solo un serio colpo al portafoglio e nemmeno l’ultimo stadio di una lotta tra opposti, scomposti e gelidi calcoli geopolitici. La guerra è un uncino nel cuore di persone e comunità e nazioni. È un’infezione che fa strage di giovani (il domani e la speranza), così come la pandemia ha fatto strage di vecchi (la memoria e la saggezza). È una fabbrica di dolore e di profughi. È una logica letale. È l’incubo che torna, dopo tragiche prove generali, a massacrare l’umanità anche nel pezzo di mondo, il nostro, in cui ci eravamo detti  “mai più”. Questo è il tremendo tradimento.

Occorre una speranza. Occorre un segnale. Occorre una proposta profondamente cristiana, un atto penitenziale da compiere quando si è sull’orlo del baratro. È importante aderire in maniera profonda e sincera all’invito di Papa Francesco. Occorre fare tutto il possibile per raggiungere, di nuovo raggiungere la pace. Sapendo e credendo che il nostro Dio è un Dio della pace, non è il Dio della guerra.