Quella della questione penitenziaria abruzzese sta seguendo purtroppo il passo drammatico delle realtà nazionali. Il numero dei detenuti presenti nelle carceri della Regione dei Parchi sta sempre più aumentando e con essa gli innumerevoli problemi legati alla loro gestione. Seppur in un contesto di sperequata distribuzione annuale, laddove ci ritroviamo a dover fare i conti con relativi miglioramenti della condizione numerica, fa da contraltare un vertiginoso aumento dei numeri in diverse altre realtà.
Non è da meno la questione dei penitenziari aquilani.
Facciamo ora il punto della situazione di questi ultimi vagliando l’identità numerica e la condizione degli agenti presenti nei 3 istituti penitenziari di Avezzano, L’Aquila e Sulmona:
Avezzano si ritrova ad avere ben 10 detenuti in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò lo ha fatto entrare in territorio negativo, relativamente alla capienza regolamentare, di ben 4 unità. Può sembrare un dato esiguo ma se si pensa che il personale di polizia penitenziaria vive la drammatica situazione del sempre più drammatico sottorganico ( di notte si opera con non più di tre persone e certe volte le traduzioni da un posto all’altro vengono effettuate con non più di 2 persone), all’età che avanza (molti operatori hanno superato anche di molto i 50 anni di età) e la mancanza di una caserma agenti in grado di ospitare eventuali unità di personale in missione, si capisce bene che la condizione che si vive ad Avezzano non è affatto bella. Ad Avezzano si sono stravolte le regole in tema di tipologia di detenuti da assegnare. Sulla carta la casa circondariale di Avezzano dovrebbe ospitare detenuti c.d. a custodia attenuata e da qui la tipologia di regime applicato che potrebbe anche giustificare la poca attenzione offerta dall’Amministrazione per quanto attiene il numero di operatori posti in pianta organica. Tuttavia sono tantissimi i detenuti presenti arrestati e sottoposti a custodia cautelare in carcere e per di più senza aver maturato quel percorso trattamentale in grado di giustificare la loro presenza in istituti. Spesso i detenuti in essa accompagnati vivono la drammatica esperienza della prima volta in carcere per la quale il protocollo impone il regime delle sorveglianza a vista in grado di compromettere in maniera ancor più marcata l’attribuzione del diritto soggettivo all’agente di turno.
Il dato dell’Aquila non deve trarre in inganno visto che 160 dei 235 posti regolamentari sono occupati da detenuti sottoposti al regime speciale del 41bis. Va da se che quando parliamo di questa tipologia di soggetti facciamo riferimento a quei detenuti tra i più pericolosi al mondo per i quali il trattamento loro riservato è di molto differenziato rispetto alla restante popolazione detenuta. Anche qui la situazione sta divenendo sempre più drammatica visto che si viaggia per incrementi di circa 10 detenuti ex 41bis annuali. A l’Aquila la gestione dei detenuti mafiosi e dei terroristi in essa presenti è affidata per lo più a gente inviata in missione e facente capo ad un contingente specializzato di polizia penitenziaria. Proprio per questo non ci si può esimere dall’avere una caserma agenti attrezzata e soprattutto degna di ospitarli. Allo stato attuale, così come denunciato qualche tempo fa, la caserma versa in condizioni pietose e per nulla rispondenti alle caratteristiche proprie di una Nazione civile come dovrebbe essere l’Italia. L’aumento del numero di detenuti ex 41 bis influisce negativamente anche sulla questione dei collegamenti a distanza in occasione delle udienze con i giudici. Il sistema delle multi video conferenze seppur ha di molto, anche se relativamente visto che non ci si sposta solo per questo, snellito il lavoro del locale Nucleo Traduzioni e Piantonamenti, sta rendendo ancor più difficilissimo il compito agli addetti ai lavori e ai pochissimi sottufficiali presenti in loco, unici deputati a vestire i panni di ausiliari del giudice durante i collegamenti.
L’Andamento non è assolutamente bello e se non si farà presto qualcosa abbiamo paura che il sistema possa andare in default.
La Casa di reclusione di Sulmona potrebbe far vivere a l’Aquila una migliore condizione se solo potesse concorrere allo sfollamento dei boss in essa presenti attraverso l’implementazione anche in essa di un reparto per 41bis. Ovviamente ciò non potrà accadere se non attraverso la contestuale soppressione di quello riservato ai collaboratori di giustizia i cui detenuti in essi ristretti sono assolutamente incompatibile con il resto della popolazione carceraria. A tal proposito la UIL ha inviato una missiva ai massimi vertici dell’Amministrazione penitenziaria della quale non è ancora dato conoscerne le determinazioni assunte. Qualora dovesse essere accettata l’idea partorita dalla UIL sul nuovo padiglione, il quale viaggia spedito nella sua costruzione, potrebbe facilitare anche il la risoluzione di quello riferito della grave carenza di organico.
A Sulmona, fortunatamente, la caserma agenti offre molti posti e tutti di qualità eccellente. L’arrivo di nuovo personale, anche in missione come quello del Gruppo Operativo Mobile, sarebbe accolto in maniera sicuramente migliore rispetto a quanto viene fatto negli spazi indecorosi messi a disposizione in quel dell’Aquila. Far nascere un presidio pro regime speciale sarebbe di molto facilitato anche dalla presenza di una delle scuole di formazione per la polizia penitenziaria che dal carcere dista non più di 3 chilometri. Ci sarebbe solo da potenziare il reparto riservato alla videoconferenze il che potrebbe avvenire convertendo gli spazi riservati ai collaboratori di giustizia destinandoli a decine di salette riservate ai collegamenti a distanza con i tribunali di tutta Italia. Non si può non rimarcare la necessità che ha il carcere peligno di doversi dotare della più alta gerarchia facendolo elevandare ad Istituto di primo livello.
Da quest’anno il carcere di Sulmona sarà dotato anche di uno dei più avveniristici reparti penitenziari di pertinenza ospedaliera. Grazie alla UIL e solo ad essa si è riusciti nel compito di far chiudere il vecchio repartino, che altro non rappresentava che una trappola per topi ed un indegno posto dove far scontare una pena seppur in regime di ricovero ospedaliero, facendone costruire uno nuovo di zecca e di pregevolissima fattura.
In rosso i dati riferiti al 2017