Il 1 maggio, festa del lavoro, è il giorno dedicato alla tutela del prezioso, ineguagliabile, unico, insuperabile patrimonio gastronomico e del nostro territorio. Teramano. Più della chitarra con le pallottine (e non maccheroni come dice Striscia), le scrippelle ‘mbusse, the king lu timball, la adorata pizza dogg’, le virtù sono il piatto tipico di Teramo. Sono un piatto unico… in tutti i sensi! Sono il piatto della tradizione. Sono il piatto sacro in quanto connesso alla presenza di un culto, di una particolare rilevanza storica, culturale e sociologica. “Sacro”, contrapposto a “profano”, ai piattucci inventati da prostitute della cucina al solo scopo economico. Un piatto sacro perché si ricollega agli antichi riti propiziatori e pagani.
Ma questa tradizione storica e gastronomica delle virtù ha bisogno dell’amore dei teramani per vivere. I teramani hanno bisogno delle tradizioni per continuare a vivere. La tragedia che ci ha colpito, che va molto al di la delle fredde cifre e dei numeri, che presto dimenticheremo, ora ha bisogno di scelte. Vogliamo continuare a piangere e lamentarci. O vogliamo tirarci su le maniche e inventarci otto mesi diversi ma ugualmente positivi per arrivare a Natale con una città viva, aperta, prospera, dove nessuno è rimasto indietro? Vogliamo continuare ad alimentare la grancassa dei gne gne o degli uccellaci del malaugurio che ci portano iella, o vogliamo tornare alla calma, a ragionare, su come è comunque possibile una vita sociale, solidale, attiva, non così fortemente condizionata da un virus che in città è stato inizialmente sottovalutato, con ciò che ha significato. Se la vostra scelta è – come la mia – la seconda, noi oggi più che mai abbiamo bisogno di mantenere in vita tutte le nostre tradizioni, le iniziative, le sagre. Ne abbiamo bisogno. E’ possibile farlo e va fatto. Occorre mantenere in vita la socialità della città – come faranno altri comuni – e rendere Teramo una città attiva. In questo ci possono aiutare le nostre storiche iniziative tipo “la festa delle virtù”. Per questo dobbiamo preparare questo fantastico piatto per i nostri familiari e, con la nostra presenza massiccia, dobbiamo premiare tutti quegli imprenditori che le prepareranno con l’amore e la professionalità di sempre. Anche se con guadagni molto minori. La parola d’ordine per tutti noi deve essere non mollare: riprendere a vivere e anzi riscoprire le nostre migliori “tradizioni”. Un termine molto ricorrente, a volte abusato, a volte frainteso.
Nella società dell’iper tecnologia, iper connessa, globalizzata, con generazioni maggiormente interessate ai social network che alla social revolution non è facile parlare di tradizioni. Ma lo dobbiamo fare proprio in questa società post-moderna, perché ne abbiamo bisogno. In una piccola città come Teramo che avrà delle difficoltà, ancora più importante sarà preservare intatta e valorizzare la nostra preziosa identità culturale, i valori comunitari che hanno accomunato la vita del nostro territorio. Come, altrettanto basilare, sarà preservare il paesaggio, inteso però non solo da un punto di vista naturalistico ma anche come luogo della memoria. La perdita della memoria potrebbe dissolvere il trascorso della nostra terra: perderemmo così un tesoro culturale. Che è la nostra identità. La nostra storia. Il nostro punto di rilancio. Senza volere ovviamente alimentare anacronistiche nostalgie di un passato ormai trascorso, in un mondo massacrato da un virus – nostro figlio maligno – che sta attraversando un periodo di profonda recessione e nel quale la gente, probabilmente mai come prima, si interroga sull’importanza di certi valori moderni e sugli errori commessi, i semplici e genuini valori di una città come la nostra, possano essere una sorgente vitale per ripartire con uno sviluppo più equilibrato della nostra società e della nostra città. Una città come Teramo nella riscoperta di un “turismo a km 0” potrà vedere il suo rilancio; dovremo puntare tutte le energie possibili per far apprezzare sempre di più i preziosi tesori culturali e naturalistici che a volte, magari, neppure noi sappiamo di possedere, ma che sono ragionevolmente a portata di mano della nostra città, facendo una sforzo per esaltare e non far morire ciò che abbiamo di più bello. Soprattutto in un’era di cambiamento, di paura, di sbigottimento la continuità è qualcosa di cui la gente sente il bisogno e desidera. Eppure, delle volte, è intesa come un’ampia schiera di vecchie credenze dei nostri nonni, pratiche ed usanze tramandate di generazione in generazione. Una manifestazione di cultura tradizionale e popolare come è per noi il 1 maggio, giorno delle virtù – oltre che importante festa del lavoro e dei lavoratori – coinvolge gruppi di persone: è collettiva e sociale per sua stessa natura; suscita emozioni negli individui, li sprona ad un maggior senso di consapevolezza della comunità. E questi rituali sono importanti per fondare e mantenere una propria identità nel contesto di una società più vasta. Così i “valori fondamentali” vengono stabiliti e tramandati e diventano uno stile di vita che sia virtuoso e duraturo. Sono i valori spirituali, morali e culturali depositati saldamente nella mente e nel cuore di un popolo. Sono qualcosa di reale ma indefinibile, che possono solo essere vissuti ed esperiti. Le tradizioni sono, dunque, le nostre radici. Siamo noi, il nostro sangue, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro mondo. Una città, un popolo senza tradizioni è un popolo privo di anima, un castello di sabbia. Un edificio senza fondamenta è fragile, sempre in un equilibrio instabile. Per questo, oggi più che mai, celebrare il giorno delle Virtù è importante. Nei modi consentiti, con le limitazioni – a volte esagerate – torniamo a stringerci idealmente in questo giorno di festa. Non perdiamo la memoria di ciò che è stato. È grazie alla memoria che possono esistere a Teramo tante varietà di cibi, che rendono la nostra città unica. Questi aspetti, legati alla tradizione, potranno attrarre i turisti da ogni parte d’Italia, e nei prossimi anni, del mondo. Il turismo culturale è ormai una realtà molto forte. La tradizione è il perno di questo fenomeno, perché sono tantissimi i viaggiatori che vogliono sentirsi avvolti dal luogo che stanno visitando, ovvero vogliono un’esperienza che restituisca un po’ di verità su quelle zone e sulle persone che le abitano. Per parlare della stessa cosa da un ulteriore punto di vista, potremmo anche dire che la tradizione è ciò che può rendere un certo posto unico e speciale. Questo ovviamente ha delle implicazioni cruciali anche dal punto di vista turistico, perché chi desidera fare un viaggio non vuole andare in un luogo qualunque. Una terra piena di tradizione e varietà è dunque interessante e attrattiva e può basare una buona parte della propria economia su questi punti di forza. Ma sono numerosi i territori che hanno attivato percorsi di sviluppo in questo senso, valorizzando la propria identità, l’ambiente, le tradizioni a cui si integrano perfettamente l’enogastronomia l’arte e la cultura, grazie alla creazione di prodotti turistici esperienziali. Non dobbiamo dimenticarlo. Non dobbiamo essere superficiali. Abbiamo bisogno di un lavoro di squadra. Teramo può tornare, presto, ad essere come prima e più bella di prima. Dipende da noi. Solo da noi. Ci continueremo a piangere addosso con una mentalità assistenzialistica, contando su aiuti che non arriveranno. O ci comporteremo da veri teramani?
Buon 1 maggio e buonissime virtù a tutti i teramani .
Leo Nodari