Giovedi santo.  “L’ora è venuta” . Mentre entra a Gerusalemme, che lo accoglie come un re, potrebbe ancora salvarsi.

“L’ora è venuta” . Lui lo sa. Sventolano palme e ulivi. Ma, l’ora prevista fin dalla sua nascita e annunciata dai profeti, è arrivata. Tutto sta per finire. “L’ora è venuta”. Giunto alla soglia della sua Pasqua, quell’ora è temuta. Ma potrebbe ancora salvarsi. Ora ha paura. Nel Getsemani, mentre tutti dormono, e lo hanno abbandonato, mentre stanno per tradirlo, il Cristo, il Dio fatto uomo ha paura. Potrebbe ancora salvarsi.

Giovedi santo. Dopo l’ultima cena, dopo aver assaporato il fiele del tradimento, nel colmo dell’angoscia, Gesù si rifugia nella preghiera al Getsemani. La lotta con i dubbi diventa un corpo a corpo estenuante, così aspro che sul volto di Gesù il sudore si muta in sangue. I soldati del sinedrio stanno per venirlo a prendere. “L’ora è venuta” . Lui lo sa. Ma potrebbe ancora salvarsi.

“L’ora è venuta” . Lui lo sa. Ora non vuole più morire . L’Agnello di Dio osa un’ultima volta manifestare il turbamento che lo invade: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42). “L’ora è venuta” . Lui lo sa. Ora non vuole più morire . Potrebbe salvarsi, andare via,, non farsi trovare da Giuda. L’ora intravista fin dall’inizio, l’ora annunciata dai profeti, l’ora attesa dal Battista, annunciata ai discepoli, l’ora che non somiglia a nessun’altra, sta per compiersi. Ora Gesù non vuole più morire. Quell’ora improvvisamente è temuta. La volontà di Cristo è duplice: divina e umana. Divina, perchè perfettamente identica a quella del Padre. Umana perché sente la ripugnanza della morte.  Ha paura. E ripete : “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” . Qui ci è rivelata l’umanità del Cristo, in tutto simile alla nostra, che sente l’orrore delle sofferenze. Il supplizio, la frusta, l’umiliazione. Il sudore misto a sangue. Una croce l’attende. E lui lo sa. Lo sa dall’inizio. E non vuole morire.

Secondo la Chiesa neppure per un istante questa volontà è stata tenuta in sospeso.

Non ne sono così sicuro. Preferisco pensare  che, – come scrive Tim Rice – invece si sia rivolto a Dio irato, protestando, gridando contro di lui “I’dwant to know. I’dwant to knowmy God. Want to see. I’dwant to seemy God. Why I should die?” Preferisco pensare che in un ultimo disperato tentativo si sia rivolto a suo Padre, a Dio, da uomo impaurito per gridargli umanamente “Perché devo morire ? Padre spiegami perché ora dovrei morire . Vorrei proprio sapere perchè devo morire, mio Dio. Sarei più notato di quanto non fossi mai stato prima ? Le cose che ho detto e fatto sarebbero più importanti ? Se muoio quale sarà la mia ricompensa ? Perché dovrei morire? Puoi mostrarmi ora che non sarei stato ucciso invano? Puoi dimostrarmi che c’è una ragione per cui vuoi che muoia. Va bene, morirò! Guardami morire. Dopo tutto quello che ho provato per tre anni. Ora ho paura di finire quello che ho iniziato. Dio, la tua volontà è dura . Berrò la tua tazza di veleno, mi inchioderò sulla tua croce e mi spezzerò”.

Cosa cambierebbe. Non sarebbe più umano, più vicino a noi, più giusto, più ovvio ?  Mi sono chiesto tante volte cosa avrà pensato davvero il Cristo mentre veniva accolto come un re entrando a Gerusalemme, mentre le palme sventolavano per lui, ma lui conosceva il finale.

Cosa deve aver pensato il Cristo, da li a 4 giorni, mentre poteva ancora salvarsi, sulla via dolorosa, tra gli insulti della gente che gli preferisce il bandito Barabba ?

Cosa avrà pensato davanti al vile Pilato da Bisenti, che gli chiede solo una parola per salvarlo, quel vile che lo considera innocente, ma lo condanna alla croce per compiacere Caifa e i sacerdoti ?

Cosa avrà pensato il Nazareno mentre era in catene, flagellato, disprezzato, deriso, tradito, abbandonato, schernito.

Cosa avrà pensato il Salvatore strisciando sul Calvario, sotto il peso della sua croce, contorcendosi al suolo nel suo sangue tra i calci, la frusta e gli insulti del popolo ?

Cosa avrà pensato il Figlio di Dio mentre, umiliato, frustato, con la veste lurida di Erode si asciugava il sangue del volto.

Cosa deve aver pensato sotto la croce ?

Forse avrà pensato che nei momenti di dolore, di oscurità e grande paura bisogna accettare la prova e avere il coraggio affidandosi a Dio, come fa il Cristo, che ha paura ma si fida.

Dio non ci ama perché pensiamo bene e ci comportiamo bene: ci ama e basta. Il suo amore è incondizionato, non dipende da noi. Quante volte noi, vili come Pilato, pensiamo al “do ut des”, che Dio è buono se noi siamo buoni, e che ci castiga se siamo cattivi.  Addirittura a volte pensiamo di farlo fesso con le nostre false azioni di solidarietà momentanea. Pensiamo che sia sciocco quando andiamo a messa senza credere. Pensiamo di fregarlo accompagnandoci servilmente ai suoi falsi rappresentanti in terra, posseduti dal demonio, peccatori, che ci precederanno nell’inferno.  Poveri no!

Solo accettando il suo calvario Gesù apre per noi la via della salvezza, la possibilità di risorgere. Anche se chiede, umanamente, di allontanare il calice, egli sa che per giungere alla resurrezione deve accettare la croce.

Deve accettare che sia fatta la volontà di Dio. Con la croce, non si può negoziare. E’ difficile accettare. Certo. Ma non si può negoziare. O tutto o niente. O la si abbraccia, o la si rifiuta. Gesù inginocchiandosi e chinando il capo innocente ci ha aperto la via della salvezza per  tutto il mondo. Che prevede anche la croce. L’unica speranza per l’uomo.

 

Leo Nodari