PESCARA – Contro la riforma scolastica del cosiddetto “4+2”, l’USB (Unione Sindacale di Base) scrive direttamente alle famiglie dei ragazzi per esprimere le proprie preoccupazioni sulla filiera tecnologica professionale, ovvero un percorso di quattro anni di scuola superiore e due negli ITS Academy integrati, voluto dal governo per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso i programmi di alternanza scuola-lavoro e laboratori. Per il sindacato, la riforma è l’ennesimo piano di tagli alla scuola pubblica, con conseguenze sulla formazione dei ragazzi, ma anche dal punto di vista lavorativo di docenti a ATA. Di seguito, la versione integrale della lettera:
Cari genitori, vi scriviamo con un profondo senso di preoccupazione per il futuro dei nostri figli e del sistema educativo italiano. La recente proposta di riforma scolastica del “4+2”, che prevede la riduzione da cinque a quattro anni per la scuola secondaria di secondo grado (le superiori) seguita da due anni di orientamento o formazione professionalizzante, solleva numerosi interrogativi e rischi che non possiamo ignorare.
Innanzitutto, questa riforma accelera in modo innaturale il percorso formativo dei nostri ragazzi. Compattare il ciclo delle superiori in soli quattro anni significa ridurre il tempo dedicato alla crescita culturale, emotiva e sociale degli studenti. I nostri figli non sono macchine da programmare, ma individui in formazione, che hanno bisogno di tempo per assimilare conoscenze, sviluppare competenze e maturare una consapevolezza critica del mondo. Tagliare un anno intero di scuola superiore porta a una formazione più superficiale e frettolosa, penalizzando soprattutto chi ha bisogno di più tempo per apprendere.
I due anni successivi al ciclo quadriennale, secondo la proposta, sarebbero dedicati a un percorso di orientamento o formazione professionalizzante. In teoria, questi anni dovrebbero aiutare gli studenti a definire meglio le loro scelte future, sia che si tratti di proseguire gli studi universitari, sia che si opti per un ingresso diretto nel mondo del lavoro. Tutto ciò solleva molte perplessità.
Da un lato, c’è il rischio che questi due anni diventino un momento di selezione precoce, in cui gli studenti provenienti da contesti più svantaggiati vengono indirizzati verso percorsi professionalizzanti meno ambiziosi, mentre quelli con maggiori risorse economiche e culturali hanno accesso a opportunità migliori, come corsi di preparazione universitaria o esperienze formative di alto livello. La scuola dovrebbe essere un luogo di inclusione e di pari opportunità, non un sistema che amplifica le disuguaglianze.
Dall’altro lato, non è per nulla chiaro come verranno strutturati questi due anni. Quali saranno i criteri per l’orientamento? Chi deciderà il percorso più adatto per ogni studente? E, soprattutto, come verranno garantite la qualità e l’uniformità dell’offerta formativa in tutto il Paese? In questo modo i due anni di orientamento si trasformano in un’esperienza disorganizzata e inefficace, lasciando molti studenti senza una guida per il loro futuro.
Un altro aspetto critico è la mancanza di chiarezza sui contenuti e sui metodi didattici che verranno adottati nel ciclo quadriennale. Come verranno riorganizzati i programmi in soli quattro anni? E come verranno formati gli insegnanti per affrontare questa transizione? Non vi è nessun piano dettagliato e condiviso, la riforma rischia di trasformarsi in un esperimento fallimentare, con conseguenze negative per intere generazioni di studenti.
Inoltre non c’è alcun quadro di riferimento legislativo per la formula “4+2” che vincoli le università al riconoscimento dei 2 anni di formazione aggiuntiva, al fine di poter ottenere una laurea in tre anni complessivi di studio. Le università (tanto quelle pubbliche quanto quelle private) sono enti relativamente autonomi, con dei propri percorsi originali e con un proprio Consiglio di Amministrazione. Per i 2 anni di formazione previsti dalla riforma quindi non viene garantita né la congruità coi percorsi universitari né tantomeno la loro spendibilità effettiva, perché non sono chiari né gli esiti formativi generali a beneficio della persona né i margini di agevolazione rispetto a un successivo percorso di laurea. Il rischio è quello di vedere lo studente rallentato o disincentivato del tutto nell’accesso ai livelli di formazione superiore.
Appare evidente come il vero intento della riforma non sia il miglioramento o la razionalizzazione del sistema scolastico italiano, bensì l’ennesimo piano di tagli alla scuola pubblica, ormai in atto da decenni. L’unico obiettivo che verrà sicuramente raggiunto con questa riforma è la riduzione del 20% dell’organico docente e ATA nella scuola secondaria superiore, nonché l’espulsione prematura di una consistente fascia di giovani dal sistema scolastico. Tale misura è unicamente finalizzata a mettere questa forza lavoro a disposizione delle aziende e delle imprese, in ossequio a una logica di mercato che antepone gli interessi economici alla formazione e al futuro delle nuove generazioni. Per questo, più che come “riforma del 4-2”, sarebbe più corretto definire questa iniziativa come “riforma del 5-1”.
Cari genitori, la scuola è il luogo in cui i nostri figli costruiscono il loro futuro. È il terreno in cui si formano non solo le loro competenze, ma anche i loro valori, la loro capacità di pensare criticamente e di affrontare le sfide del mondo. Una riforma così radicale, senza un dibattito approfondito e senza il coinvolgimento delle famiglie, degli insegnanti e degli esperti, compromette tutto questo.
Vi invitiamo, quindi, a informarvi, a partecipare al dibattito pubblico e a far sentire la vostra voce. Dobbiamo chiedere che ogni cambiamento sia pensato per il bene dei nostri figli, non per mere esigenze di risparmio o di presunta efficienza. La scuola merita di più. I nostri figli meritano di più. – USB Pubblico Impiego, Federazione Abruzzo e Molise –